venerdì 29 ottobre 2010

Il pranzo di Babette di Gabriel Axel


di Piera Palermo

Ci risiamo: la sfida del prossimo incontro mio e della mia friend è nuovamente con il cinema (un DVD per la precisione) il che richiede un minimo di silenzio, perché mentre è bello avere i nostri figli che urlano, giocano e saltellano intorno a noi mentre cuciniamo, vedere un film è già un po’ più complicato, e quindi anche questa volta abbiamo avuto bisogno di un aiuto!
L’occasione si è presto manifestata: è arrivato il circo!
Mentre vedevo i tendoni bianchi e blu venire issati nel cielo, la mia mente andava al film! Così grazie alla complicità dei nostri mariti che hanno di buon grado(e, per dovere di cronaca, con qualche murmurio) accettato di portare i nostri figli ad assistere allo spettacolo pomeridiano, noi amicheandfriends abbiamo avuto due ore piene per godere di un film che questa volta, e sottolineo questa volta rispetto alla precedente, ne è valsa veramente la pena.
Il pranzo di Babette è un piccolo capolavoro, e per chi non l’ha ancora visto, vale realmente la regola di non svelare nulla di questo sorprendente quanto delicato film, che con la sua apparente semplicità svela la grandezza e la superbia dell’arte. Si, nello specifico dell’arte culinaria: l’esplosione del talento, della magnificenza della capacità umana di creare, di trasformare, del potere dell’arte di innalzare gli animi. La convivialità del cibo, il potere quasi divino del cibo di risolvere le situazioni complicate, grazie all’alchimia dei sapori, degli odori, dei sensi tutti. L’arte culinaria è arte, perché è riconoscibile, perché ne porta la firma anche a distanza di decenni.
La forza dirompente dell’arte, del talento che urla per venire fuori e che una volta soddisfatto, si placa: la scena dove Babette si siede e assapora lentamente un bicchierino di vino è evocativo dello sforzo creativo che una volta manifestato in tutta la sua magnificenza si quieta, l’artista svuotato e pianamente soddisfatto della sua creatura può riposare.
E mentre noi, felici e letteralmente con la bava alla bocca, perché abbiamo deliziato sì i nostri occhi ma non il nostro palato con il brodo di tartaruga e le cailles in sarcofage, continuiamo a guardarci sbalordite in faccia, iniziamo a sentire il baccano che dal fondo della scala risale: sono i nostri figli ancora eccitati per le mirabolanti attrazioni circensi, pronti a raccontarci meraviglie ancora una volta degli occhi e non del palato!
Friend, la prossima volta si mangia!

(Il pranzo di Babette scritto e diretto da Gabriel Axel tratto dall’omonimo racconto di Karen Blixen, in DVD)

lunedì 25 ottobre 2010

La mala aria di Alessandra Lavagnino



di Piera Palermo

Ho letto un articolo di Salvatore Ferlita pubblicato su La Repubblica di Palermo il 17 settembre sull’uscita in libreria di un saggio sulla malaria scritto da Alessandra Lavagnino che mi ha molto incuriosito e così ho approfittato della presentazione del libro alla Feltrinelli di Palermo per prenderlo e leggerlo. Non mi ero mai cimentata prima d'ora nella lettura di un saggio sugli insetti, ma ogni volta che sono incappata nei racconti in video di Augusto Vigna mi sono sempre appassionata. Così attratta dal tema, la malaria, che nei miei numerosi viaggi nelle zone tropicali ho sempre cercato con ogni mezzo di evitare ingoiando enormi pilloloni di Lariam e poi Paludrine e altro ancora, e dal fatto che la scrittrice fosse siciliana e che avesse dedicato l'intera sua vita alla sua passione per gli insetti, non ho perso occasione per trovare il tempo per leggerlo.

Ritengo che il tentativo di rendere popolare dei temi scientifici è certamente degno di merito almeno nel proposito, ma devo ammettere che, tranne che per qualche spunto e qualche rimando, "La mala aria" non mi ha lasciato più di tanto. Ho trovato intrigante la descrizione della trasformazione del corpo della zanzara in seguito all’ingestione di sangue infetto e di come avviene nel particolare il contagio, ma di certo mi aspettavo molto di più sulla parte storica. Desideravo un saggio avvincente e invece la narrazione è piena di interruzioni e rimandi che di fatto smontano l’interesse. Insomma, pur essendo l’argomento importante di per sé, a mio avviso non è stato adeguatamente sviluppato.

Adesso non mi resta che passarlo alla mia friend, e lei, ne sono certa, troverà un’altra chiave di lettura e mi smonterà come "panna" al sole!

“La mala aria” di Alessandra Lavagnino Edito da Sellerio (2010)

venerdì 22 ottobre 2010

Torta con l'uva



di Giusy Di Fiore

Era un pomeriggio buio e tempestoso, il pomeriggio di Amiche & Friends; sembrava che tutto andasse nella direzione sbagliata, niente congiunzione astrale! Devo ringraziare Miss Sartorialist per la sua tenacia, altrimenti non avremmo mai scoperto la torta con l’uva.
Forse come premessa è un pò troppo romanzata, ma la stagione è autunnale, il cielo cupo e la pioggia cade senza sosta. Io e la mia friend avevamo un programmino niente male per il nostro pomeriggio di evasione; purtroppo ci siamo scontrate con una serie di intoppi che mi stavano facendo capitolare. Fortunatamente la mia Friend ha ben scolpito nella mente lo scopo principale del nostro blog e mi ha riportato nella retta via. Giù…ricordati delle perle che non lasci mai.
Eccomi allora approdare a questo dolce davvero semplice e dal gusto delicato.
Mi lascio cullare dal suono della pioggia che batte sui vetri e metto insieme gli ingredienti. Preparazione 30 minuti, cottura 40: tutto combacia. Accoglierò la mia Friend con un profumino che le scalderà il cuore dopo una giornata di lavoro! Non ho mai amato i dolci con la frutta, ma ho proprio un bel grappolone d’uva meraviglioso che non aspetta altro che essere usato, quindi diamoci da fare.
Tutto insieme: farina, lievito per dolci, poco zucchero, uova freschissime (ho il paparino professore contadino che mi vizia!) e lui … il burro fuso. Ma quanto mi piace quel liquido vellutato e profumato che si va amalgamando, dapprima restio e poi sempre più avvolgente. Il tocco finale è l’uva: gli acini tagliati a metà e privati degli ossicini, mescolati delicatamente al tutto.
Lascio che il dolce cuocia lentamente in forno a 180°, mentre io aspetto che suoni il campanello. L’impasto si va dorando e contemporaneamente l’uva si ammorbidisce per fondersi alla torta. Tolta dal forno, lascio raffreddare e spolvero con il sempre presente zucchero a velo e decoro con un acino tagliato in quattro ed adagiato al centro della torta.
Il gusto è delicatissimo, come lo immaginavo; perfetto per un piovoso pomeriggio autunnale, accompagnato da una fumante tazza di tea e da quattro chiacchiere con l’amica del cuore.


(da Torte dell’Enciclopedia Della Cucina Italiana di Repubblica pag. 302)

martedì 19 ottobre 2010

Gita Arancio



di Giusy Di Fiore

Oggi si parte! Si evade dalle quattro mura domestiche per una gita all’aria aperta. La scusa è una splendida escursione organizzata dall’asilo che frequentano le piccoli pesti delle Amiche & Friends, con relativo pranzo in agriturismo. Quale occasione migliore per godersi l’aria pulita, il sole ed una giornata davvero fuori dal solito tran tran!
Ore 8.00 del mattino: appuntamento alla stazione. Mi accoglie un’orda allegra e rumorosa di bimbi e genitori eccitati per quest’avventura che ci aspetta. Per arrivare puntuale la sveglia suona alle 6.30, devo rendere presentabile me stessa; nutrire, cambiare, vestire il piccolino (4 mesi); prepara colazione, antibiotico, aerosol, pipì, lava, vesti il mio “compagno di gita” (3 anni).
Tutti in carrozza! È arrivato il nostro treno: che gioia osservare gli occhi del mio piccolo ometto pieni d’emozione. Per non parlare della sottoscritta, che dimentica totalmente il malessere che le provoca qualsiasi oggetto in movimento e si tuffa in una animata discussione con la Friend seduta di fronte a noi. Entrambe siamo più eccitate dei nostri bimbi. Quante cose che abbiamo da raccontarci! Eccezionalmente oggi “Amiche & Friends” va in trasferta!
In mezz’ora siamo arrivati, afferro il cellulare per avvertire il resto della famiglia che siamo arrivati: non c’è campo! Praticamente isolati dal mondo … io e la Friend ci guardiamo negli occhi: MERAVIGLIOSO! Usciamo dalla stazione, giriamo l’angolo e si aprono i cancelli della fattoria. Che posto carino, rustico e verdeggiante.
I bimbi cominciano a scatenarsi, gli adulti pregustano le leccornie che esalteranno i loro palati. Infatti, ecco arrivare i primi vassoi, presi letteralmente d’assalto non appena toccano il tavolo. Pane casereccio condito con semplicità e per questo di una squisitezza straordinaria. Ma quante fette ne avrò mangiate??!! Dopo tutto, ditemi cosa c’è di più buono di una fetta di pane caldo con un filo d’olio sopra?! Il profumo che sprigiona è inebriante, l’olio mi unge le mani e mi sento felice come una bambina.
Evviva, il pomodoro tagliato a pezzettini piccoli piccoli! In questo modo, mentre addento la bruschetta non vado perdendo il condimento per strada. L’estate è ormai passata, ma il sughino del pomodoro che inzuppa il pane mi riporta a sensazioni e sapori che solo questo periodo dell’anno mi da. Chiedo alla Friend il suo parere sulla crema di olive grossolana che condisce le altre bruschette, per me poco sapida, ma mi scanso immediatamente perché a poco addenta pure me nella foga del suo tremendo appetito.
Cespugli di lavanda, il pergolato, robusti tavoli di legno e sedie impagliate: una cornice perfetta a questo cibo genuino che mi rimette in pace col mondo, insieme allo “sfincionello” alla palermitana che hanno appena sfornato. Non ci sono commenti che possano descrivere la morbidezza della pasta, la scioglievolezza della salsa che si amalgama all’olio e si completa con la dolcezza della cipolla. Dico solo che la mia friend, miss sartorialist per intenderci, ne trangugia una decina di pezzi.
Tutto è genuino, naturale, pieno di gusto. Semplice e familiare. Gli ingredienti si sposano amabilmente. In particolar modo mi colpisce la croccantezza del pesto che si sposa con la morbidezza della zucchina (il tutto esaltato dalla fresca mentuccia) dei miei tortiglioni.
Sotto le fronde dell’albero di carrubo o sedute sul tronco di un vecchio pino, immagazziniamo gli odori, le immagini, le sensazioni che questa giornata così “bucolica” ci sta regalando. Scolpite nella memorie, facciamo tesoro di queste ore in piena libertà, lontane da tutto ciò che è la nostra quotidianità. Alla fine, stanche ma terribilmente felici, di nuovo sul treno: home sweet home.

domenica 17 ottobre 2010

Muffin e lavanda




di Piera Palermo

Curiosando tra le bancarelle profumate del coloratissimo mercato dei fiori di Amsterdam ho trovato un vaso di latta contenente i semi per far crescere la lavanda una volta tornata a casa…..il fascino provenzale di questa pianta, il suo profumo e il suo incantevole colore mi hanno spinta a fare delle ricerche su questa versatile e quanto mai sorprendente pianta che accompagna ogni attimo della vita provenzale: viene usata come essenza per profumare l’acqua del bagno e della biancheria, per insaporire le tartine al miele, come fresca eau de toilette. E così tra una ricerca e l’altra mi sono imbattuta sul
sito blog di Chiara Bellasio, un’appassionata di cucina, nonché fotografa che ha dedicato molte ricette ai muffin tra cui una in particolare: muffin cioccolato e lavanda, al quale vi rimando per la ricetta.
Non credevo ai miei occhi, per realizzare questi dolci si deve prima preparare lo sciroppo di lavanda! E così ho sfruttato il lato americano/statunitense della mia Friend per farmi preparare dei buonissimi MUFFIN….l’unico particolare è che non abbiamo messo lo sciroppo di lavanda perché la mia piantina è appena spuntata e quindi trarne lo sciroppo mi sembrava giusto un po’ prestino. E così con la scusa dello sciroppo alla lavanda ci siamo concessi una bella scorpacciata di buonissimi muffin.

Morale della favola: per me e per la mia Friend ogni scusa è buona per ricondurre tutto al cibo e MAGNARE!


www.ilpranzodibabette.com/index.php/category/muffin/

venerdì 15 ottobre 2010

La via crudele, due donne in viaggio dall’Europa a Kabul di Ella Maillart




di Piera Palermo

Leggere è una nostra passione e di libri ne abbiamo letti tanti, ma da leggere insieme abbiamo scelto “La via crudele” di Ella Maillart. Il perché? Neanche a dirlo: è il racconto di un viaggio lungo e sorprendente che due amiche, le scrittrici e viaggiatrici Ella Maillart e Annemarie Schwarzenbach, intraprendono nell’estate del 1939 in auto dall’Europa fino a Kabul, attraversando la valle di Bamiyan, dove visitano anche le due enormi statue di Buddha scolpite nelle pareti di roccia, distrutte nel 2001 dai talebani.

La mia Friend è a tratti sconvolta, io invece sono rapita dal modo di scrivere della Maillart. La via crudele non è il primo libro che leggo della scrittrice ginevrina, ma ogni volta mi lascio trasportare dalle sue descrizioni complesse e particolareggiate, resto disarmata dal suo coraggio, dalla sua intraprendenza e attraverso i suoi racconti penetro l’essenza stessa del viaggio. Lei si mette alla prova, viaggiando scopre delle parti di sé che non potrebbe conoscere altrimenti, patendo la fame e la sete, rischiando le malattie, attraversando il silenzio dei deserti e sfidando l’ignoto. Il suo modo di vivere e affrontare i viaggi, l’apportare solidarietà verso i popoli che incontra mi ricorda tanto un altro grande scrittore, al quale devo emozioni intense, Ryszard Kapuscinsky. Anche lui, come Ella, oggi non c’è più. E così mi capita di rileggere libri già letti, ritrovare frasi che dopo qualche anno assumono significati nuovi per entrare nuovamente in contatto con questa donna che non amava scrivere, lo faceva per avere i mezzi che le permettessero ogni volta di ripartire per mete remote.

Tempo fa lessi di due amiche, Elisa Bozzarelli e Simonetta Rocco, che vollero intraprendere esattamente lo stesso viaggio delle due scrittrici e le invito, se dovessero imbattersi in questo blog, di raccontarmi e raccontarci la loro quanto mai insolita esperienza di viaggio.

(La Via Crudele, due donne in viaggio dall’Europa a Kabul di Ella Maillart, EDT 1995)

martedì 12 ottobre 2010

The Sartorialist, il blog di Scott Schuman



di Piera Palermo

Il Web è una di quelle fortune che ho la consapevolezza di apprezzare nello stesso momento in cui le vivo, cosa peraltro per niente scontata. Mi ritengo fortunata, vivo online da 15 anni e 10 anni fa ho fatto di Internet l’oggetto della mia tesi di laurea. Mi appassiono nel condurre delle ricerche che da un semplice spunto mi aprono mondi nuovi e così ho proposto alla mia friend di dedicare un nostro incontro alla ricerca di blog interessanti nei meandri della rete.
E siccome lo abbiamo sperimentato e ci siamo molto divertite, abbiamo deciso di includere nei nostri incontri l’esame di alcuni blog!
Per l’esordio non ho avuto alcun dubbio, ho scelto:
The Sartorialist di Scott Schuman, un blog rivoluzionario, che è diventato il mio guru dello stile, tanto che la mattina, quando faccio scorrere l’anta del mio armadio e ne osservo il contenuto, non prendo più la prima cosa che mi capita, ma davanti al mio enorme specchio inizio ad indossare tutti i capi e gli accessori, come se uscendo da casa dovessi imbattermi davanti all’obiettivo di Scott, con il solo scopo di colpirlo, di attrarre la sua attenzione.
Cerco di tirare fuori con il mio stile la mia personalità e più guardo le donne di Scott scorrere l’una sotto l’altra in splendide foto nel suo blog, più cresce in me il desiderio di farne parte, di essere io la fortunata che sorriderà dalle sue luminose istantanee ai milioni di visitatori che ogni giorno si collegano al suo diario online.
Cosa non darei per essere immortalata anch’io tra le sue dee!!
Perché mi piacerebbe essere una delle donne del Sartorialista?
Le donne di Scott sono delle splendide donne di ogni età che si impongono per la loro forza e la loro vitalità, danno l’idea di essere donne indipendenti ed emancipate, donne realizzate, donne che con il loro incedere diffondono energie positive, donne che girano a piedi o in bicicletta per il centro di grandi metropoli come New York, Parigi, Milano, Sidney, Firenze, Londra, donne appartenenti ad un certo ceto culturale, di essere donne impegnate e decise.
Sono donne che esprimono la loro personalità complessa ed interessante attraverso il loro stile: mescolano sapientemente il pezzo griffato con il vintage, quello comprato in giro per il mondo con il pezzo scovato al mercato sotto casa e lo indossano con nonchalance in giro per la città, con l’ipod nelle orecchie, gli occhiali da sole vintage, i quotidiani sottobraccio, la tracolla, la kefiah e il poncho.
E così scorrere il blog di Shuman mi porta da una parte all’altra del globo ad immaginare le vite di queste donne, le sento sussurrare ognuno nei loro idiomi, le sento andare di fretta, qualcuna avrà da perorare una causa in tribunale, qualcun’altra starà prenotando il prossimo volo, qualche altra presenta il suo progetto ad una grande azienda, un’altra la sua collezione, un’altra ancora si reca in un locale per incontrare le amiche, una va ad un museo, un’altra ad una mostra. Qualcuna va a vedere un concerto, altre vanno al mercato.

Di certo non le immagini a sbattersi, non danno l’idea di essere delle precarie, emarginate e non pensi mai che possano avere dei problemi, anzi le immagini impegnate a lavorare per guarire i mali del mondo.
O almeno, mi piace pensarle così, perché tutte le donne che fotografa Scott Schuman danno l’impressione di essere belle, anche quelle brutte.



Foto tratta dal blog The Sartorialist

domenica 10 ottobre 2010

Mattonella di biscotti e cioccolato



di Giusy Di Fiore


Se avete fretta, lasciate perdere questa ricetta! Ho scoperto che la cottura a bagnomaria è una delle cose più noiosa che possa esistere.
Comincio tirando fuori pentole e ciotole di varia grandezza per trovare il giusto incastro e, finalmente, arrivo anche al calcolo dell’esatto livello d’acqua. Come mi sento “scientifica”! Nel perfetto equilibrio di pentola – ciotola – acqua – fornello faccio sciogliere il cioccolato bianco, insieme a caffè e liquore al caffè.
Dopo 10 minuti, aspettando che succeda qualcosa, sono già ubriaca, perché il cioccolato sembra non volerne sapere di sciogliersi, mentre il liquore al caffè ha già impregnato tutta la cucina. Ringrazio la mia Friend che mi sta spingendo all’alcolismo, visto che è già la seconda sfida che mi lancia con dei super alcolici (vedi “crepe alla crema pasticciera”)!
Sciolto tutto quanto, tolgo dal fuoco e come un’equilibrista sui trampoli tento di battere energicamente con la frusta, mentre aggiungo il burro ammorbidito, i tuorli e lo zucchero a velo…hanno forse dimenticato che la ciotola sta ancora ammollo nella pentola a bagnomaria?! Ma chi è l’autore? Vorrei proprio scambiarci quattro chiacchiere; ad ogni colpo di frusta la ciotola sembra volersene andare per i fatti suoi!
Insomma, in qualche modo ce la faccio e lascio raffreddare la crema prima di aggiungerci la panna montata.
Comincio a dare le basi alla mia mattonella: “inzuppo” i savoiardi (una decina) nello sciroppo di caffè, latte e zucchero a velo e li metto in fila. A questo punto dovrei spalmare sopra la crema al cioccolato. Niente di più errato: la crema non si spalma ma si liquefa e si espande per tutto il piatto da portata. Un consiglio: fate raffreddare tanto tanto la crema prima di unire la panna, perché mi sa che è stato questo il mio errore.
Non mi arrendo lo stesso! Continuo fino a tre strati di savoiardi ed infilo tutto nel frigo, nella speranza che la situazione migliori. Al momento di servirla, guarnisco sbriciolando sopra un biscotto, scagliette di cioccolato bianco e fiocchetti di panna montata.
Certo non è soda e compatta come doveva ma … gnam gnam …BUONISSIMA!


(da Frutta e Dolci al cucchiaio dell’Enciclopedia della cucina di Repubblica pag. 263)

giovedì 7 ottobre 2010

Dolce al limone


di Piera Palermo

Vado in ufficio lasciando gli ingredienti pronti sul top della mia bianca cucina in attesa della pausa pranzo per la lavorazione dell’impasto: difficoltà media, tempo di preparazione 15 minuti……fattibile.
Unico neo: indosso una camicia di lino bianco che finirà per trascorrere l’intera nottata in ammollo nell’omino bianco!
E così timbro il cartellino ed in un battibaleno mi ritrovo ad impastare zucchero di canna, burro e ….. scorza di limone biologico grattugiata (ci risiamo, se la mia friend mi lancia un’altra sfida dove mi tocca grattugiare l’accoppo)(ah, non abbiamo mai precisato che le ricette sono una sfida che ci lanciamo a vicenda, ognuno di noi sceglie il dolce che l’altra dovrà preparare, così è sicuramente più stimolante e divertente).
Il primo attimo di sconforto lo vivo immediatamente, la ricetta recita “ fino ad ottenere un composto dalla consistenza gonfia e spumosa”, il mio composto non gonfia…ne fa la spuma, dopo 10’ minuti mi tocca rassegnarmi e, con il labbro inferiore a cucchiaino, unisco i tuorli, la farina, il succo di limone e dulcis in fundo il latte che provocherà quell’esplosione di gocce d’impasto che mi costringeranno ad un veloce cambio di camicia prima di rientrare in ufficio da una pausa pranzo senza pranzo.
E così dopo altre tre ore di lavoro, spengo il pc, ripongo le pratiche nell’armadietto, timbro l’uscita e di corsa torno nella mia bianca cucina a montare gli albumi a neve. Quindi li unisco lentamente al composto che finirà in una teglia imburrata a cuocere in forno a bagnomaria.
Il risultato non è dei migliori. Presento il dolce in tavola nella stessa teglia di cottura dopo averlo spolverizzato di zucchero a velo e cacao, ma l’ora trascorsa in forno non è stata sufficiente …o comunque qualcosa non ha funzionato. Il dolce, buono in superficie, è rimasto molliccio internamente, peccato. Cottura a bagnomaria monella!
“ Non vi scusate mai, non abbiate paura” Julia Child in “Julie & Julia”

(da Frutta e Dolci al cucchiaio dell’Enciclopedia della cucina di Repubblica pag. 253)


martedì 5 ottobre 2010

Mangia, Prega, Ama



di Piera Palermo


Che delusione….l’unica nota positiva sul film? E’ stato pubblicizzato con così largo anticipo che ho potuto idealizzarlo talmente tanto da essermi fatta un film da sola! Ho così compreso sulla mia pelle il concetto di “ti sei fatta un film”!
E dire che io e la mia friend abbiamo fatto i salti mortali per riuscire ad arrivare puntuali al cinema. Ore e ore perse nell’organizzare mariti, madri e figlioletti, a preparare la cena in anticipo e infilarla nel frigo…insomma abbiamo studiato tutto a regola d’arte per goderci le nostre 2 ore e mezza d’evasione….e invece, vi anticipo subito che purtroppo non ne è valsa la pena.
La trama era proprio quella di un’eroina, lei la donna che realmente nella vita ha il coraggio (e ce ne vuole da vendere) di mollare tutto per inseguire i propri sogni in giro per il mondo. Da quando sono bambina anch’io ho un posto segreto dove raccolgo ritagli di giornali, libri e guide di luoghi incantevoli del mondo, nutro dentro me il desiderio della partenza, della scoperta e della libertà.
Il mio freno, le mie catene le ho messe al mondo, ho quello che nel film l’amica chiama “il tatuaggio in faccia” (gran brutta espressione, io al limite l’ho fatto nel cuore), ma lei no, la Roberts non ha una responsabilità così grande, lei può.
Così mi illudo di andare al cinema, sedermi sulla mia bella poltroncina, per vivere attraverso lei quel senso di libertà che io non posso concedermi il lusso di sperimentare.
E invece…un po’ tutto: i dialoghi, le scene, le situazioni hanno quel non so che di pietoso che stimolano la voglia di alzarmi prima della fine del film, uscire dalla sale per tornarmene nella mia bella realtà.
Pensavo di andare al cinema per conoscere la storia di una donna intelligente, una coraggiosa, una volitiva ed invece passa l’intero anno in giro per il mondo a piangersi addosso per i sensi di colpa che non l’abbandonano.
Alla fine il vincitore sembra proprio il marito abbandonato che gira felice per le strade di New York con la compagna ed un bel frugoletto biondo nel marsupio, felice per essersi tolto dalle scatole quella piagnona della Roberts.
Cosa mi resta? La luce, i paesaggi, le atmosfere e le strade di Bali, le sole scene che meritano il pagamento del biglietto, ma a questo punto tanto valeva preparare una buona pizza fatta in casa con la mia friend, come quella che la Roberts nel film mangia a Napoli, ed entrare con tutta calma direttamente alla fine del secondo tempo!


(Mangia, Prega, Ama di Ryan Murphy. Con Julia Roberts, Billy Crudup, Javier Bardem, Tuva Novotny. USA 2010. Sony Pictures. Al Cinema)

domenica 3 ottobre 2010

Julie & Julia


di Giusy Di Fiore


“Il solo momento buono per consumare cibi dietetici è mentre si aspetta che la bistecca sia cotta”.
Oh mio dio! Non rimanevo così colpita da un film da anni. Ragazze, ho trovato la mia guru, l’unica vera guida spirituale: Julia Child ti adoro.
Dico soltanto che la prima cosa che faccio al mattino, da quando la mia friend mi ha fatto scoprire questo film (dopo ovviamente la cura dell’igiene personale e la prima colazione!), è indossare il mio filo di perle e come Julie entro in simbiosi con la “maestra”.
Non si parla solo di cucina, che sia chiaro. C’è gioia di vivere, determinazione, coraggio. La regista, Nora Ephron (che ha scritto e diretto buona parte dei miei films preferiti), ha ricamato sapientemente le storie VERE di queste due donne (Julie Powell e Julia Child per l’appunto), lontane per età e provenienza, ma così vicine nell’amore per il burro!!!!!! Non sto ad elencare gli attori, per carità bravissimi. Lasciatemi solo dire che la divina Meryl Streep non si smentisce mai. Interpretazione impeccabile che mi ha fatto venir voglia di saper tutto della signora Child e del suo spassoso modo di parlare.
Julie poi è un’adorabile trentenne , insoddisfatta dal proprio lavoro col rimpianto di non aver coltivato la sua carriera di scrittrice, lasciando a metà la stesura del suo romanzo. Lei, grande promessa di Yale, ora frustrata e rimproverata giornalmente dalla madre per non essere in grado di portare a termine nulla….care squisite mamme…sempre pronte per una parolina dolce, vero?!
Insomma, lo ammetto: mi sono immedesimata subito in questa povera ragazza ed anch’io come lei voglio riprendere in mano la mia vita. Certo, non cucinando le 524 ricette della Child in 365 giorni, ma la sfida sarà ugualmente ardua ed interessante.
“Io di pensieri ne ho!”
Mi sento di concludere affermando: viva le perle e BON APPETIT!


(Julie & Julia di Nora Ephron, con Meryl Streep, Amy Adams, Stanley Tucci, Chris Messina, Linda Emond. Usa 2009. Sony Pictures. In DVD)

sabato 2 ottobre 2010

Crepe alla crema pasticciera






di Giusy Di Fiore

Eccomi qua, tutto pronto: ciotola, ingredienti, forchetta e grattugia maledetta che sta massacrando ‘sto povero limone per un po’ di scorza.
Farina, zucchero, uova….. tutto sembra procedere.
Il mio primo incontro con le crepe.
Ma tutto questo latte sarà giusto?
Vedremo.
Intanto stai lì e riposa per un’ora.
Avessi anch’io questa fortuna….riposare per un’ora!
Ma perché sono così nervosa?! Certo un’atmosfera e new age mi avrebbe aiutata.
Ma quando mai.
Respira ed estraniati dal caos circostante. Ancora zucchero, farina, tuorli e scorza profumatissima.
Stavolta su di una fiamma bassa aggiungo il latte poco alla volta.
Mescolando ed osservando, l’ansia si scioglie e prende forma la “MIA” crema pasticciera.

CHE MERVIGLIA!
Amore a prima vista.
Ormai sono nel mio nirvana, niente mi può disturbare, né marito né marmocchi. Farcisco le crepe, le piego amorevolmente in quattro e le adagio con cura sulla padella, dove prima avevo sciolto il burro, spruzzato lo zucchero a velo ed annaffiato col cognac.
FUOCO ALLE POLVERI!
Scaldo bene le crepe e mi si scalda il cuore alla visione delle mie creature comode sul piatto da portata, il profumo ormai ha saturato l’ambiente. Un’ultima spruzzata di zucchero a velo ed è la perfezione.
Un punto in più per la mia autostima. BRAVA!

(da Frutta e Dolci al cucchiaio dell’Enciclopedia della cucina di Repubblica pag. 245)

Mousse al cioccolato fondente


di Piera Palermo
E per cominciare: Mousse al cioccolato fondente!
Sveglia puntata alle 7,00 ma soltanto nella mia mente……. non chiedetemi il perché, ma da sempre mi sveglio mostruosamente all’ora prestabilita.
Mi butto giù dal letto e, nel silenzio di una casa dove fortunatamente gli altri inquilini si tengono ancora stretti tra le braccia di Morfeo, io, sola e felice, nel fresco della mia cucina, inizio a tagliare il burro.
Poi grattugio il cioccolato fondente, che mi si scioglie inesorabilmente tra le mani, quindi lo metto sul fuoco e non appena diventa liquido, incorporo il burro che nel frattempo ha iniziato a fondere al calore del fornello acceso. Quindi unisco lo zucchero a velo vanigliato.
E’ arrivato il momento che preferisco quello della separazione dell’albume, che faccio finire in una ciotola, dal tuorlo, che cade ancora intatto nella casseruola. Mentre io mescolo, lui, prima di scomporsi e unirsi al composto, gli scivola tutt’intorno sgiddando mollemente di qua e di là, come una girandola tra le sabbie mobili, per poi sparire dentro al composto che diventa, dopo aver incorporato il quinto tuorlo, liscio e morbido.
Monto a neve fitta fitta gli albumi e li unisco fino a far gonfiare e gorgogliare il mio composto come fosse un geyser. Enormi bolle fuoriescono dalla cioccolata e li comprendo che la mia mousse sarà un successone. Non mi resta che distribuirla in 4 bicchieri e metterli in frigo nell’attesa che venga l’ora della condivisione con la mia friend.
E il risultato è eccellente. Chapeau.
(da Frutta e Dolci al cucchiaio dell’Enciclopedia della cucina di Repubblica pag. 217)

venerdì 1 ottobre 2010

Oggi primo ottobre duemiladieci ha inizio il nostro progetto!



Io e lei ci impegniamo ad incontrarci, in casa e su questo blog, per condividere con voi le nostre passioni!


Caldi gomitoli da sferruzzare, sottofondo musicale, fornelli accesi, tubetti da spremere, storie di donne da vedere e da leggere, coccole per il corpo, libri per l’animo, viaggi per la mente, tisane per il relax e drinks per la movida.
Perché abbandonare per qualche ora alla settimana i nostri impegni e le nostre responsabilità di mamme, mogli, lavoratrici e studentesse per essere soltanto donne e amiche è un piacere e un dovere che ci impegniamo da oggi a compiere per riscoprire il piacere di ritrovarsi, di condividere e di creare.  
Buon amicheandfriends a tutte!